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martedì 25 novembre 2014

GIGI MERONI: LA FARFALLA GRANATA

È il 24 febbraio 1943 quando a Como nasce Luigi Meroni, chiamato da tutti Gigi. Ha soli due anni quando suo padre muore, e per aiutare sua madre e i suoi due fratelli, Gigi trova presto lavoro come disegnatore di cravatte, mentre nel tempo libero coltiva la sua passione: il calcio.  Un ragazzo con il suo talento, però, non può passare tutti i giorni disegnando cravatte e cravattini, e all’età di 17 anni viene chiamato dalla squadra calcistica della sua città, il Como, militante in Seconda Divisione, l’odierna Serie B. Il dribbling, la velocità e la tecnica di Meroni colpiscono subito le grandi società sportive, e due anni più tardi esordisce in Serie A con la maglia rossoblù del Genoa. 

A Genova conosce Cristiana Uderstadt, una ragazza di origine polacca figlia di giostrai. Cristiana è bellissima, è una delle modelle più richieste dell’epoca, e Gigi se ne innamora perdutamente. Per amore di Cristiana, Meroni inventa addirittura una scusa per saltare una partita della Nazionale Italiana B, potendo passare così un po’ di tempo con lei: “Se io salvo il Genoa dalla retrocessione, lei mi fa ingessare una gamba per poter saltare la convocazione”. Queste sono le parole pronunciate da Meroni al suo mister prima della partita, che subito accetta. Gigi mantiene la promessa, realizza due goal e salva la sua squadra. A fine partita gli viene ingessata una gamba, potendo così restare in città con Cristiana.

Le ottime prestazioni con la maglia del Genoa gli valgono la chiamata, a soli 21 anni, di una delle squadre più importanti d’Italia: il Torino. Con questo trasferimento nella “Città della Mole” appaiono i primi segni del destino e le prime circostanze che segneranno la vita di Meroni. Infatti, il pilota dell’aereo che trasportava il “Grande Torino”, che si schiantò nel 1949 sulla Basilica di Superga causando 31 morti, si chiamava Pierluigi Meroni.
Meroni, con le sue giocate, i suoi dribbling, i quali gli valsero il soprannome di “farfalla granata”, e i suoi goal, diventa subito l’idolo dei tifosi torinesi, tanto che l’anno seguente, quando la Juventus della famiglia Agnelli, offre 750 milioni di lire, una cifra incredibile per quell’epoca, la società granata è costretta a rifiutare a causa delle pressioni degli stessi tifosi.
In Nazionale avviene un fatto curioso: Meroni, per poter giocare con la maglia azzurra, è obbligato a tagliarsi i capelli, poiché i capelli lunghi erano considerati negli anni ’60 una forma di trasgressione.

15 ottobre 1967.  Si è appena conclusa la partita di campionato Torino-Sampdoria, finita 4 a 2 in favore della squadra di Meroni. A fine partita Gigi si rivolge al suo compagno d’attacco, il francese Nestor Combin: “Nestor, settimana prossima c’è il derby eh, mi raccomando. Devi fare almeno tre goal.”   

NESTOR COMBIN e GIGI MERONI
  ESULTANO DOPO UN GOAL
Con un compagno di squadra abbandona anticipatamente la cena post-partita e si dirige in un bar per chiamare la sua compagna Cristiana, poiché aveva dimenticato le chiavi di casa. I due attraversano “Corso Re Umberto”. Superata la prima metà della carreggiata, si fermano in mezzo alla strada, aspettando il momento buono per passare l’intenso traffico. Dalla loro destra giunge un automobile;  Meroni e il suo compagno Poletti fanno un passo indietro, ma vengono investiti da una Fiat 124. Poletti viene colpito di striscio, mentre Meroni viene sbalzato in aria, dove dopo esser caduto nell’altra corsia, viene travolto da una Lancia che lo trascina per circa 50 metri. Meroni viene portato in ospedale da un passante, poiché l’ambulanza rimane intrappolata nel traffico post-partita, ma Gigi non ce la fa e muore poche ore dopo.
In questa vicenda si trova un segno del destino ancora più eclatante di quello precedente: la Fiat 125 che investì Meroni era guidata da un 19enne, Attilio Romero, un tifoso sfegatato del Torino, che abitava a soli tredici numeri civici dall’abitazione di Meroni, ma che soprattutto, nel 2000 divenne presidente del Torino.
Al funerale furono presenti più di 20mila persone, e per capire l’importanza di Meroni all’epoca, alcuni detenuti di un carcere torinese, fecero una colletta per comprare dei fiori al giocatore appena scomparso.
La morte del giocatore sconvolge tutti, ma il calcio deve continuare con i suoi ritmi: quella domenica c’è in programma Torino – Juventus. Nel silenzio delle tifoserie, un elicottero ricopre il campo da gioco di fiori, i quali vengono raccolti sulla fascia destra, quella dove giocava Meroni. 
Nestor Combin, nonostante abbia 39 di febbre, vuole scendere in campo a tutti i costi, per il suo compagno, per il suo amico. Combin realizza 3 goal, proprio come predetto una settimana prima da Meroni. La partita finisce 4 a 0, e l’ultimo goal lo segna Alberto Carelli, che indossa la maglia numero 7, proprio quella di Gigi.

Questo è Gigi Meroni, la “farfalla granata” che spiccò il volo troppo presto…















  
NESTOR COMBIN  E ALBERTO CARELLI 
DOPO LA VITTORIA CONTRO LA JUVENTUS




GIORGIO BASILE

2 commenti:

  1. Davvero commovente questa storia!

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  2. Completamente d'accordo.
    Il calcio, e lo sport in generale, sa anche emozionare

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