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mercoledì 3 dicembre 2014

Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij

"Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che forse esistono soltanto quando si è giovani, mio caro lettore. Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, ci si chiedeva istintivamente: è mai possibile che sotto un simile cielo vivano uomini collerici e capricciosi ?" Così inizia il breve romanzo Le notti bianche scritto da Fëdor Dostoevskij e pubblicato per la prima volta nel 1848. Il racconto narra quattro notti di incontri di un ragazzo ed una ragazza di Pietroburgo che, attraverso profondi dialoghi, con assoluta fiducia e sincerità, rivelano la loro solitudine esistenziale,  dal momento che "Quanto più siamo infelici, tanto più profondamente sentiamo l'infelicità degli altri; il sentimento non si frantuma, ma si concentra." Il protagonista si autodefinisce un "sognatore" che ".. nelle strade cammina a capo chino, ma se osserva qualcosa, sia pure l’inezia più comune", per cui "il fatto più insignificante assume un colore fantastico nella sua mente. 


Anzi la sua mente sembra fatta apposta per percepire in ogni cosa elementi fantastici". La Pietroburgo vissuta dal sognatore perde qualsiasi fattezza reale, diventando eterea nella mente di un uomo che fugge e si rifugia nei sogni e nelle visioni. Il protagonista è completamente dominato dalla fantasia e vive un'esistenza solitaria ed appartata. La vita è, per lui, un susseguirsi d’immagini vivide alimentate dalla sua immaginazione. Tutto, però, sembra stravolgersi nel momento dell'incontro del sognatore con Nàstenka. "Oh Nàstenka, Nàstenka! Lo sapete voi per quanto tempo mi avete riconciliato con me stesso? Sapete che ormai non potrò più pensare di me con tanto pessimismo come in certi momenti? Sapete che forse non proverò più l’angoscia di aver commesso un delitto e un peccato nella mia vita, perché una vita simile è un delitto e un peccato? E non pensate che io abbia esagerato alcunché, per l’amor di Dio, non lo pensate, Nàstenka, perché alle volte mi assalgono dei momenti di una tale angoscia, di una tale angoscia… " le confessa.  L'uomo dialoga con la giovane riguardo al suo inadattamento alla vita, prendendo coscienza di se stesso, illudendosi di poter cambiare la sua condizione esistenziale; amando realmente la giovane che, disperata per l'allontanamento del ragazzo che amava, farà crollare le illusioni del giovane sognatore. La solitudine ritorna ad essere la dimensione che ospita il protagonista che, però, ha scoperto e vissuto un amore disinteressato, esplicitato alla giovane Nàstenka senza nessun rancore: “Che sia chiaro il tuo cielo, che sia luminoso e sereno il tuo caro sorriso, che tu sia benedetta per l’attimo di beatitudine e di felicità che hai dato ad un altrui cuore solo, riconoscente! Dio mio! un intero attimo di beatitudine! ed è forse poco seppure nell’intera vita di un uomo?”
Se il romanzo ricorda ai lettori quanto possa essere piatta un'esistenza priva di sogni, rimane da chiedersi fino a che punto si possa condurre una vita da sognatori, quale sia la pericolosità di perdercisi dentro.
Ledina Ndoj

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