Alcune volte si cade nell’errore
di non concepire lo sport come un fattore determinante della storia. Si pensa
che esso sia fine a se stesso, che sia solo un divertimento e niente di più
e che, quindi, lo sport sia una cosa e la storia ne sia un’altra completamente
differente. A partire dalla fine del ventesimo secolo, la storia dello sport e
la "Storia" vera e propria si sono spesso mescolate, fuse e completate. L’una ha
modificato l’altra: se è facile pensare che la Storia abbia influenzato lo
sport, basti pensare ai vari campionati sportivi sospesi durante le guerre
mondiali, è ben più difficile immaginare come sia potuto capitare il contrario,
ovvero come lo sport abbia potuto modificare la Storia. Molti avvenimenti sportivi,
e in particolare molti uomini e donne dello sport, hanno saputo modificare il
corso degli eventi.
Ai giorni nostri, quando si parla
di sport e in particolare di calcio, una delle domande più frequenti è: “E tu
per quale squadra tifi?”. Se, invece, parlate con i vostri nonni, molto
probabilmente vi diranno che ai loro tempi la domanda più posta in ambito
sportivo era: “Bartali o Coppi?”
Gino Bartali e Fausto Coppi, “Ginettaccio”
e “l’Airone”, ovvero due dei ciclisti più forti e famosi di tutti i tempi. Come hanno potuto due semplici persone con la
passione per le biciclette cambiare il corso della Storia?
Prendiamo la nostra “macchina del
tempo” e torniamo indietro di qualche decina di anni, più precisamente nel
1948. Sono passati tre anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Alla metà
del 20esimo secolo, l’Italia è un Paese distrutto: sia “fisicamente”, basti
pensare ai paesi interi da ricostruire a causa dei bombardamenti durante il
conflitto, sia “mentalmente” e moralmente. Infatti, il nostro Paese, uscito
sconfitto dalla guerra, sembra aver perso uno spirito nazionale, un’identità.
Le battaglie interne, combattute durante la guerra da partigiani e fascisti, si
sono spostate adesso sul campo ideologico e politico: da una parte i comunisti,
e dall’altra i democristiani, ovvero due mondi opposti e lontanissimi, come i
due più grandi ciclisti italiani: Coppi e Bartali, rispettivamente comunista e
democristiano. Questo scontro aumenta particolarmente nel luglio del 1948,
quando il giovane neofascista Antonio Pallante spara al leader del “Partito
Comunista Italiano”, Palmiro Togliatti. Quest’ultimo si salva, ma nel Paese è
caos generale: la CGIL, il più antico sindacato italiano, proclama lo sciopero
generale, e nello stesso tempo, il governo democristiano accusa i comunisti di istigare i propri
simpatizzanti allo scontro. Si è sull’orlo di una Guerra Civile.
Intanto, però, in Francia si
corre il “Tour de France”, la gara ciclistica più importante al mondo. Gino Bartali compie un autentico miracolo sportivo.
Il corridore toscano è l’unico italiano in gara, e a poche tappe dalla fine
della corsa francese, si trova a ventuno minuti di distacco dal leader del
Tour, il padrone di casa Bobet. Nelle ultime tappe effettua una rimonta
impressionante e arriva all’atto conclusivo a Parigi con un distacco dal
francese tale da permettergli di recuperare tutti i venti minuti di ritardo e
di vincere così il “Tour de France”. Certo, questa vittoria non è stata la causa
principale che ha evitato la Guerra Civile in Italia, ma è stata fondamentale
nel processo di ricreazione di uno spirito nazionale. Il ciclismo permette di
identificarsi nella fatica e nel sudore versato per strada, le stesse strade che
qualche anno prima erano palcoscenico di scontri tra partigiani e fascisti.
Inoltre, tornando al discorso
della divisione politica e ideologica dell’Italia del dopoguerra, Bartali e
Coppi, al Tour de France del 1952, furono protagonisti di un’immagine altamente
simbolica che sembrava riappacificare, in un certo senso, comunisti e
democristiani. Durante una delle tappe montanare più dure della gara francese,
i due ciclisti si passano la borraccia, ma su questa immagine si sarebbe creato una sorta
di mito poiché non si seppe mai chi passò la borraccia all’altro.
Gino Bartali, inoltre, ha avuto
un ruolo molto importante durante la Seconda Guerra Mondiale. Il ciclista
italiano, con il pretesto di allenarsi, trasportava centinaia di documenti d’identità
falsi nascosti nella canna della bici. Con questo stratagemma riuscì a salvare
circa 900 ebrei. Per
questo motivo, nel 2013 Bartali venne dichiarato “Giusto tra le nazioni”, un
riconoscimento dato a persone non-ebree le quali hanno rischiato la propria
vita per salvare quella di persone ebree durante l’olocausto.
Gino Bartali, l’uomo che correva
per se stesso e per la sua Nazione.
GIORGIO BASILE
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