Alla maggior parte dei bambini cui si chiede “Che cosa vuoi
fare da grande?” ci si sente rispondere con tono entusiasta: “Il calciatore!”
Pochi ce la fanno davvero, il 90% deve abbandonare il
proprio sogno di diventare un calciatore professionista. Perché? Magari per
sfortuna, per problemi di salute, o molto più semplicemente e frequentemente perché
manca il talento. Puoi avere anche i migliori insegnanti del mondo, ma se nasci
senza talento, non lo avrai mai. Se una persona non ha talento, ma si impegna
al massimo, può diventare comunque un buon giocatore, ma non potrà mai essere un
campione. Immaginate se poi una persona che non ha talento non si impegna
nemmeno. Quale può essere il risultato sportivo? Lo potete intuire benissimo da
soli.
Quindi, se dopo tutto
questo discorso vi dicessi che un uomo senza talento, anzi, un uomo negato
completamente a giocare a calcio, e senza alcuna voglia di impegnarsi, è stato
per 20 anni un calciatore professionista e ha giocato con le migliori squadre
del campionato brasiliano, in Messico, negli Stati Uniti ed addirittura nel
campionato francese, credereste che vi stia prendendo in giro? Probabilmente sì.
E se inoltre vi dicessi che questa persona non ha mai giocato una partita e ha
addirittura guadagnato molti soldi facendo il calciatore? Penso che adesso mi
prendereste per matto o per un “racconta - frottole”, eppure un uomo ci è
riuscito. Il suo nome è Carlos Henrique Kaiser.
Carlos Henrique Kaiser nasce nel 1963 a Rio de Janeiro. Essendo un assiduo frequentatore delle notti
della Rio de Janeiro degli anni ’80, Carlos stringe amicizia con i più famosi
calciatori brasiliani diventando il loro punto di riferimento quando questi
ultimi avevano bisogno di un po’ di svago nella città brasiliana. Carlos
sfrutta questa amicizia e dà inizio al suo inganno: convince i suoi amici
calciatori a farlo ingaggiare in una delle proprie squadre. Nel 1986 arriva il suo primo contratto da
professionista, con il Botafogo. Qui si trova ad affrontare il primo problema:
non appena toccherà un pallone, tutti si accorgeranno che è un bluff. Come risolvere questo problema? Citando
direttamente le sue parole: “Facevo dei movimenti strani durante l’allenamento,
mi toccavo il muscolo e me ne stavo 20 giorni in infermeria. A quel tempo non
esisteva la risonanza magnetica. I giorni passavano, ma avevo un amico dentista
che mi faceva dei certificati dicendo che avevo problemi fisici. E così, i mesi
passavano…” Partite giocate a fine campionato: zero.
Non avendo giocato nemmeno una partita, e quindi non
conoscendo le qualità del brasiliano, un’altra squadra accetta di scommettere
su di lui, il Flamengo. Un suo compagno di squadra, Renato Gaucho, ex giocatore
della Roma e della nazionale brasiliana, dichiarò in seguito: “Sapevo che
Kaiser era un nemico del pallone. Durante gli allenamenti si accordava con
alcuni compagni per farsi colpire in modo da andare direttamente in infermeria”.
Ovviamente anche questa stagione termina con zero presenze in campionato.
Nell’anno con il Flamengo, accadde un
aneddoto curioso: per alimentare la sua fama, Kaiser si presentava agli
allenamenti con un enorme telefono, che all’epoca rappresentava un alto status
sociale, e fingeva conversazioni in inglese affermando che erano grandi club
europei interessati al suo ingaggio. Non conoscendo l’inglese, lo staff tecnico
gli credette sempre, fino a quando un dottore che aveva vissuto in Inghilterra
rivelò che le conversazioni al telefono erano totalmente senza senso. Si
scoprì, inoltre, che il cellulare era un giocattolo.
Dopo esperienze in Messico e negli Stati Uniti, torna in
Brasile, al Bangù, dove si rende protagonista di una vicenda molto particolare:
il mister, dopo aver intuito qualcosa sulle capacità non proprio eccelse di Kaiser, decide di
convocarlo per vedere se i suoi dubbi sono fondati. A metà del secondo tempo è
mandato a scaldarsi, e intuendo la possibilità di entrare in campo, decide di
attuare un nuovo piano. Litiga e viene alle mani con un tifoso e viene espulso
dall’arbitro. A fine partita negli
spogliatoi, l’allenatore si dirige inferocito verso Kaiser, il quale, prima che
il mister possa parlare, si alza e sbotta: “Dio mi ha dato un padre e me l’ha
tolto. Ora che Dio mi ha dato un secondo padre – riferendosi all’allenatore –
non posso permettere che qualcuno lo insulti!” Risultato? Bacio in fronte e
rinnovo del contratto per altri sei mesi.
Dopo altre esperienze nel campionato brasiliano, Kaiser
riesce a trovare una squadra in Europa, nel campionato francese con l’Ajaccio. Quando in quell’epoca arrivava un brasiliano
in Europa, veniva subito considerato un campione, e per questo motivo il club
francese organizza una presentazione in grande stile. Kaiser raccontò: “Lo
stadio era piccolo, ma gremito di gente in ogni posto. Pensavo dovessi solo
farmi vedere dalla folla e salutare, poi vidi moltissimi palloni in campo e
capii che ci
saremmo dovuti allenare. Ero nervoso, si sarebbero resi conto che
non sapevo giocare al mio primo giorno. Entrai in campo e cominciai a
scaraventare tutti i palloni in tribuna. Allo stesso tempo salutavo e baciavo
la maglietta”. In dieci minuti aveva conquistato tutti i tifosi senza aver
giocato nemmeno un minuto.
Kaiser si ritirò a 39 anni, collezionando nella sua carriera
20 presenze, tutte terminate anzitempo per infortunio: “Non mi pento di nulla.
I club prendono in giro moltissimi calciatori, qualcuno doveva pure vendicarli…”.
Carlos Henrique Kaiser, il non-calciatore che si prese gioco
del mondo del calcio.
GIORGIO BASILE
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