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mercoledì 3 dicembre 2014

La Décheance

La contemplazione romantica del Nulla, ovvero il Void



Mentre piangevo ieri notte, ho preso carte e penna e ho deciso di deliziarli con il mio pensiero.
Sono giunto alla conclusione meravigliosa che soffro di bovarysmo e che son stato strappato dal casto e lurido prato del mio secol natìo per eseer trapianto nel colorato e insipidissimo vaso di un secolo alieno.
Io sono un individuo romantico: un essere raziocinante che usa parole, non termini. Simbolismo e misticismo sono il mio pane quotidiano. Mi ritrovo nei concetti Romantici di isolamento dalla società, di puro contatto biologico e spirituale con la Natura.
Mi impersonifico nell'alienazione dalla realtà come sogno, come delirio filosofico e intellettuale, come trasporto psicologico, senza ricorso all'alienzaione involontaria dovuta alle sostanze, poiché non gestita dalla ragione se non prima del proprio inizio.
Amo gli ambienti notturni e vaghi. Sono dell'opinione che, infatti, quel che di più importante abbiamo perso del romanticismo sia il concetto di Sublime Romantico, la meraviglia di fronte all'immensamente bello, il disciogliersi nell'immensità dello splendore della Natura.
Un esercizio che tutti dovrebbero eseguire é di fermarsi in primavera nel medio pomeriggio su una panchina in media collina e osservare il paesaggio antistante e sottostante. Si proverà un senso di intima, vera e profonda commozione e comunione col Noumeno che, in ultima analisi appare essere la Bellezza. La Bellezza mi sembra sempre più la forma in cui Dio (comunque Egli sia) si manifesta a noi in forma fenomenicamente percepibile e appercepibile.

Francesco Mari

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