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martedì 20 gennaio 2015

LA FAVOLA DI STEVEN BRADBURY


Le Olimpiadi hanno sempre avuto qualcosa di speciale, di diverso. 
Uno dei più grandi sogni di uno sportivo è quello di partecipare ad una Olimpiade. Il più grande è quello di vincerle.
Durante i Giochi olimpici abbiamo assistito a scene meravigliose, incredibili, strane e buffe. Leggende, miti, record infranti, gioie, lacrime e delusioni. Una delle storie olimpiche più assurde è sicuramente quella di Steven Bradbury.


Steven Bradbury, nato nel 1973 a Camden, una cittadina australiana distante pochi chilometri da Sydney,  è un pattinatore di short track, ovvero un tipo di pattinaggio su ghiaccio basato sulla velocità. La sua carriera sembra iniziare nel modo giusto. A soli 18 anni conquista la medaglia d’oro ai mondiali di Sydney nel 1991, mentre tre anni dopo vince la sua prima medaglia olimpica, a Lillehammer 1994, dove conquista il bronzo nei 5000m staffetta. Qualche mese dopo la fine dei Giochi disputati in Norvegia, Bradbury subisce un gravissimo infortunio: durante una prova di Coppa del Mondo a Montreal, viene colpito dalla lama del pattino di un avversario, che gli recide l’arteria femorale. L’atleta australiano perde quattro litri di sangue e sulla ferita vengono posti centoundici punti di sutura. I medici consigliano a Bradbury di “appendere i pattini al chiodo”, poiché era un miracolo già il fatto che fosse sopravvissuto. L’australiano non molla, e dopo 18 mesi di riabilitazione torna in pista, anche se non è più l’atleta di un tempo. Pochi anni dopo, la sorte gli si torce nuovamente contro: durante un allenamento si frattura l’osso del collo. Bradbury stavolta decide di ritirarsi chiudendo la carriera con la partecipazione ai Giochi olimpici del 2002.


Salt Lake City, USA, 2002. Bradbury vince a sorpresa la sua batteria dei 1000 m, conquistando così l’accesso ai quarti di finale: qui giunge terzo all’arrivo, ma si qualifica ugualmente a causa della squalifica di Marc Gagnon, pattinatore canadese. In semifinale sfrutta le cadute dei pattinatori che lo precedono, e accede incredibilmente alla finale. 
Nella gara valida per la medaglia d'oro, si trova opposto ai migliori quattro pattinatori del mondo: la sua sembra solo una comparsa, e infatti dopo poche curve si trova già in ritardo di parecchi secondi rispetto agli altri corridori. All’ultima curva succede l’impossibile: l’idolo di casa, lo statunitense Apolo Ohno, scivola e travolge gli altri tre corridori in lotta per la vittoria finale. Bradbury taglia così per primo il traguardo, conquistando la più incredibile medaglia d’oro nella storia delle Olimpiadi.

A fine gara Bradbury dichiara: “Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario.” 

In Australia nasce persino un modo di dire, “doing a Bradbury” (fare un Bradbury), per indicare un successo clamoroso e altamente inaspettato.



Quella di Steven Bradbury è una di quelle storie che fanno riflettere. Fanno capire quanto la “Fortuna” influenzi la nostra vita, ma anche che quando le cose non vanno nella maniera giusta, bisogna sempre continuare a provarci e sperare, perché il meglio deve ancora venire


GIORGIO BASILE






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