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sabato 21 febbraio 2015

GINO BARTALI: L'UOMO CHE CORREVA PER SE STESSO E PER LA SUA NAZIONE

Alcune volte si cade nell’errore di non concepire lo sport come un fattore determinante della storia. Si pensa che esso sia fine a se stesso, che sia solo un divertimento e niente di più e che, quindi, lo sport sia una cosa e la storia ne sia un’altra completamente differente. A partire dalla fine del ventesimo secolo, la storia dello sport e la "Storia" vera e propria si sono spesso mescolate, fuse e completate. L’una ha modificato l’altra: se è facile pensare che la Storia abbia influenzato lo sport, basti pensare ai vari campionati sportivi sospesi durante le guerre mondiali, è ben più difficile immaginare come sia potuto capitare il contrario, ovvero come lo sport abbia potuto modificare la Storia. Molti avvenimenti sportivi, e in particolare molti uomini e donne dello sport, hanno saputo modificare il corso degli eventi.


Ai giorni nostri, quando si parla di sport e in particolare di calcio, una delle domande più frequenti è: “E tu per quale squadra tifi?”. Se, invece, parlate con i vostri nonni, molto probabilmente vi diranno che ai loro tempi la domanda più posta in ambito sportivo era: “Bartali o Coppi?
Gino Bartali e Fausto Coppi, “Ginettaccio” e “l’Airone”, ovvero due dei ciclisti più forti e famosi di tutti i tempi.  Come hanno potuto due semplici persone con la passione per le biciclette cambiare il corso della Storia?


Prendiamo la nostra “macchina del tempo” e torniamo indietro di qualche decina di anni, più precisamente nel 1948. Sono passati tre anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Alla metà del 20esimo secolo, l’Italia è un Paese distrutto: sia “fisicamente”, basti pensare ai paesi interi da ricostruire a causa dei bombardamenti durante il conflitto, sia “mentalmente” e moralmente. Infatti, il nostro Paese, uscito sconfitto dalla guerra, sembra aver perso uno spirito nazionale, un’identità. Le battaglie interne, combattute durante la guerra da partigiani e fascisti, si sono spostate adesso sul campo ideologico e politico: da una parte i comunisti, e dall’altra i democristiani, ovvero due mondi opposti e lontanissimi, come i due più grandi ciclisti italiani: Coppi e Bartali, rispettivamente comunista e democristiano. Questo scontro aumenta particolarmente nel luglio del 1948, quando il giovane neofascista Antonio Pallante spara al leader del “Partito Comunista Italiano”, Palmiro Togliatti. Quest’ultimo si salva, ma nel Paese è caos generale: la CGIL, il più antico sindacato italiano, proclama lo sciopero generale, e nello stesso tempo, il governo democristiano accusa i comunisti di istigare i propri simpatizzanti allo scontro. Si è sull’orlo di una Guerra Civile.

Intanto, però, in Francia si corre il “Tour de France”, la gara ciclistica più importante al mondo.  Gino Bartali compie un autentico miracolo sportivo. Il corridore toscano è l’unico italiano in gara, e a poche tappe dalla fine della corsa francese, si trova a ventuno minuti di distacco dal leader del Tour, il padrone di casa Bobet. Nelle ultime tappe effettua una rimonta impressionante e arriva all’atto conclusivo a Parigi con un distacco dal francese tale da permettergli di recuperare tutti i venti minuti di ritardo e di vincere così il “Tour de France”.  Certo, questa vittoria non è stata la causa principale che ha evitato la Guerra Civile in Italia, ma è stata fondamentale nel processo di ricreazione di uno spirito nazionale. Il ciclismo permette di identificarsi nella fatica e nel sudore versato per strada, le stesse strade che qualche anno prima erano palcoscenico di scontri tra partigiani e fascisti.

Inoltre, tornando al discorso della divisione politica e ideologica dell’Italia del dopoguerra, Bartali e Coppi, al Tour de France del 1952, furono protagonisti di un’immagine altamente simbolica che sembrava riappacificare, in un certo senso, comunisti e democristiani. Durante una delle tappe montanare più dure della gara francese, i due ciclisti si passano la borraccia, ma su questa immagine si sarebbe creato una sorta di mito poiché non si seppe mai chi passò la borraccia all’altro.

Gino Bartali, inoltre, ha avuto un ruolo molto importante durante la Seconda Guerra Mondiale. Il ciclista italiano, con il pretesto di allenarsi, trasportava centinaia di documenti d’identità falsi nascosti nella canna della bici. Con questo stratagemma riuscì a salvare circa 900 ebrei. Per questo motivo, nel 2013 Bartali venne dichiarato “Giusto tra le nazioni”, un riconoscimento dato a persone non-ebree le quali hanno rischiato la propria vita per salvare quella di persone ebree durante l’olocausto.


Gino Bartali, l’uomo che correva per se stesso e per la sua Nazione. 



GIORGIO BASILE

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